Novembre 8, 2024

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La Festa nei secoli

Periodo : 1500-1747-Anno 1500

Il primo documento riguardante lo svolgimento vero e proprio della “festa dei gigli” in onore di S. Paolino ci viene descritto dallo storico nolano Ambrogio Leone, il quale, nel suo volume: ” Nola, terra natian, oltre a ricordare il racconto dei ” Dialoghi ” di papa Gregorio Magno, ci fa una ricca esposizione di come si svolgevano i festeggiamenti sul principio del XVI secolo. Ecco come il Leone, descrive la festa: ” Il maestro del mercato… dura otto giorni, quando si fa la fiera e la festa di S. Paolino… Egli il primo giorno adunque fa pompa della sua autorità; giacche, preso dalla reggia il vessillo del Conte, uscendo con un lungo seguito, procede solenne per tutta la città. Il settimo giorno, il giorno prima della festa di San Paolino, si fa un altro giro per la città: prima vanno i contadini con le falci, seguendo, come fosse il loro vessillo, una grandissima torcia a guisa di colonna, accesa e adorna di spighe di grano. Questa torcia è tanto grande, che un uomo solo non può portarla, onde è portata da parecchi ritta su di una specie di cataletto. Viene fatta col denaro raccolto fra i contadini, ed ogni anno si accresce, non solo viene rifatto ciò che si accende percorrendo la città; la chiamano cereo. Similmente si fa altra torcia da altri, e in processione ciascuno segue la sua, mandandola avanti a sè. Viene poi il cero degli ortolani, adorno di cipolle e di agli, dietro cui vanno gli ortolani, e di poi gli altri ceri degli artigiani. Dopo di questi vengono le file dei monaci e le file dei sacerdoti chierici, l’ultimo dei quali è il vescovo, che porta in mano le reliquie degli Apostoli, del legno della Croce, di alcuni martiri e di S. Paolino, chiuse in una mano d’argento. Accompagnano il Vescovo, il Conte e il maestro del mercato, ai poi i primari cittadini e il rimanente popolo, tutti a piedi. L’ultimo giorno della fiera poi, che è la festa del Santo, si espongono appesi nel portico i premi per i corridori”.

Anno 1644

Il secondo documento ci viene offerto da Andrea Ferraro il quale, nella sua opera: “Del cemeterio nolano con le vite di alcuni santi”, così la descrive: “Intendendo i Nolani, che il suo Pastore sen tornava alla Patria, con le navi piene d’un gran turba de’ Cittadini liberati, risplendente d’una immortal corona, e trionfando con gloria così rara d’aver dato se stesso in servitù per un uomo popolare, facil cosa è a pensare con qual allegrezza e applauso mischiato di lagrime fosse ricevuto dai suoi Cittadini, i quali di tutte l’arti, e professioni l’uscirono all’incontro; qual costume osservasi fino à nostri tempi; impercioché nelle prime vespere della sua festività tutte l’arti ciascuno col suo cereo accompagna per tutta la città le reliquie del Santo poste entro una statua d’argento”.

Anno 1747
Verso la metà del ‘700, Gianstefano Remondini, nella sua poderosa opera “Della Nolana Ecclesiastica Storia”, così descrive la festa: “Si sparse appena per la città di Nola la giocondissima novella del ritorno dall’africana schiavitù… Ed a perpetua festevolissima rimembranza dell’incomparabile giubilo, che provò la città, e la Chiesa Nolana in sì felice occasione costumò dipoi, e lo osserva esattamente anche al dì d’oggi di far nel XXI giorno di giugno solenne processione, nella quale portano alcuni Artefici certi Mai, o Gigli, come volgarmente son detti, e son certe macchine in forma di globi, di piramidi, di navi, o simil altre cose, tutte adorne d’innumerevoli garofani, tra quali è situata la particolare insegna di ciascheduna di quelle arti, che le fanno. …Si fa, dissi, nel mentovato giorno in Nola una solenne processione con l’intervento di tutto il Clero sì secolare, che regolare, e di molti Artigiani, i quali portano certe sublime macchine, e che Mai appellano, composte di ben concertati lavori d’innumerevoli garofani, ed altri fiori, tra’ i quali pende l’insegna di lor’arte in memoria, che sparsasi per la Città la grata novella… gli uscirono impazientemente incontro li Cittadini in quell’abito, in cui trovaronsi, e gli Artigiani con quel strumento, che in mano aveano per l’ansietà di veder subito il loro Pastore, e liberi i di loro amici e parenti.

Periodo : 1840-1853

Anno 1840

Un breve frammento dell’accurata descrizione fatta dallo storico Carlo Augusto Mayer e pubblicato nella sua opera: ” Vita popolare a Napoli nell’età romantica”.
“…sono portati in processione per le strade, a passo accellerato, da uomini che camminano nascosti sotto tappeti, palchi di cinque piani e di venti piedi di altezza, riccamente dipinti e decorati, e ornati di fiori e bandiere. Nel piano più basso si vede una banda di musicisti che tra il giubilo generale lancia la strepitosa marcia”.

Anno 1847
Descrizione della festa dei gigli di G. Regaldi e pubblicata nell’ opera: “Tradizioni italiane per la prima volta raccolte in ciascuna provincia d’Italia”.
“Le macchine non erano tratte da quei buoi poderosi che all’aratro si aggiogano sui pingui campi della Campania, nè da cavalli esercitati su piani delle Puglie; ma sibbene da cinquecento lazzaroni, venuti da Napoli, i quali, sudanti, trafelati, su le spalle recavansi le pesanti macchine, lieti d’uno scudo per ciascheduno e del patrocinio di S. Paolino.

Anno 1853

Ecco la testimonianza dello storico tedesco Ferdinando Gregorovius, che aveva assistito diretta mente alla festa nel 1853 e pubblicata nella sua opera: ” Passeggiata in Campania e in Puglia “:
” Davanti alle porte di Nola vidi già una folla di persone che si precipitavano all’interno della città. All’ entrata di questa si erano installate numerose bottegucce; le antiche mura della città ed una torre che vi confinava erano ricoperte di giganteschi cartelloni…
Appena entrato nella città fui colpito da uno spettacolo mai visto prima d’allora. Vidi, retta da facchini, una altissima torre, rivestita di oro scintillante, di argento e di rosso; era alta cinque piani, elevata su colonne, adorne di fregi, nicchie, archi e figure, guarnita ai due lati da bandierine colorate e ricoperte da carta dorata e di coperte rosse e variopinte. Scintillavano nel loro rosso metallo le colonne; le nicchie a fondo d’oro, decorate con i più strani arabeschi, le figure, i geni, gli angeli, i santi e i cavalieri vestiti di costumi a vivaci colori. Collocati in piani sovrapposti avevano in mano cornucopie, mazzi di fiori, ghirlande o bandiere. Era un agitarsi, uno sventolare continuo, dato che la torre oscillava di qua e di là sulle spalle di circa trenta portatori. Nel piano più basso sedevano ragazze incoronate di fiori, al centro un coro di musicanti con trombe, timpani, triangoli e cornette eseguivano una musica assordante…
Anche da un altro lato giungeva una musica rimbombante e vidi, sorgere sopra le case, un’altra torre, poi un’altra ancora… Ne vennero nove da direzioni diverse. Avevano tutte la stessa altezza, tranne una che era alta 25 metri e che apparteneva alla corporazione dei contadini. Infatti, ogni ” arte” importante presenta un obelisco per la festa. Per prepararlo ci si lavora dai quattro a sei mesi. 1 denari per costruirlo vengono procacciati dalle ” arti ” e ammontano per ogni torre a circa 6 ducati napoletani. Ogni obelisco ha il suo posto in una strada accanto alla casa di un artigiano famoso. E’ lì che lo strano oggetto viene fabbricato sotto un’alta staccionata ricoperta di tela per riparare gli operai ed opere dalle intemperie. Alberi e travi formano il primo scheletro; un piano viene sovrapposto all’altro, poi tre lati vengono ricoperti da carta da parato, mentre quello posteriore viene adornato da rami di mirto, fogliame e da una foresta di bandierine. Alle pareti laterali sono raffigurati su carta colorata, geni alati che portano delle ghirlande. La più grande cura viene dedicata alla parte frontale; infatti se ne occupano con impegno pittori ed architetti.
Un attributo che pende dal fregio della nicchia centrale, indica a quale “arte” appartengono i vari obelischi; sull’obelisco dei mietitori si vedeva una falce; su quello dei fornai due enormi ciambelle; … dei macellai un pezzo di carne; … i calzolai una scarpa, i pizzicagnoli un formaggio ed i vinai avevano appesa una bottiglia…
Gli obelischi si dirigevano, ognuno con un coro di musica nel piano più basso, verso la cattedrale… Il corteo dell’obelisco principale era aperto da due obelischi piccolissimi, nei cui piani più bassi sedevano bimbi incoronati. Seguivano poi una nave sulla quale era un giovane vestito da turco con in mano un fiore di melograno. Dietro a questa nave veniva un gran bastimento da guerra su un lembo di mare che gli faceva da fondamento. La galea era equipaggiata alla perfezione. Sul bompresso stava un giovane, in vesti moresche, l’aria divertita, fumando un sigaro. Sul tribordo perO si trovava, inginocchiata davanti all’altare, la figura di S. Paolino.
Appena un obelisco era giunto al Duomo co minciava uno spettacolo singolarissimo: la gigantesca torre si metteva a ballare al suono della musica rimbombante. Davanti ai portatori camminava un uomo con un bastone e mentre egli indicava il tempo, quelle torri si muovevano secondo il ritmo, di qua e di là. Poi l’ obelisco si fermava davanti alla cattedrale e non appena aveva trovato il suo posto iniziava davanti a questa un girotondo di giovani e uomini. Una ventina di essi circa formava un cerchio, di modo che ognuno posava le sue braccia sulle spalle dei vicini; e mentre in questa posizione si muoveva il cerchio, al centro due solisti ballavano le danze piU graziose. Con le braccia sollevavano un terzo ballerino, facendolo danzare con loro, in posizione giacente. Diventato esausto e, preso da capogiro, lasciava chinare la testa: era morto. Tutto il cerchio intanto circondava, ballando con ritmo sfrenato. Dopo un breve tempo il morto si rialzava e, levato il capo, ridendo, imitava con le dita il suono delle nacchere.
Dovetti pensare al culto di Adone; …tutto questo spettacolo pagano si svolgeva davanti al Duomo; mentre all’interno, il vescovo di Nola, impassibile e con la più grande calma celebrava la messa cristiana che i fedeli, senza lasciarsi turbare, ascolta vano in ginocchio. Dopo che il ballo degli obeli schi e la messa furono terminati, la cerimonia reli giosa si chiuse con una processione di sacerdoti…
La processione attraversò l’intera città seguita dagli obelischi; sparatorie ed esplosioni continue di bombe a mano si sparsero immediatamente in tut te le strade. A mezzogiorno, le funzioni religiose erano finite, ed il popolo attendeva ai suoi divertimenti…”.

Periodo : 1861-1890

Anno 1861

Pochi mesi dopo l’avvenuta Unità d’Italia, la festa continua il suo ciclo. A testimonianza di ciò, un manifesto affisso il giorno 11 giugno 1861 e pubblicato da Pasquale Perna nell’opera: “Il brigantaggio nolano 1860/66”.
Questo è quanto si legge nel Manifesto:

Il Sindaco del Comune Capoluogo di Nola.
Previene il pubblico, che la festività di S. Paolino la quale ricadrebbe nel giorno di sabato 22 dello andante mese sarà celebrata in quello di domenica ventitrè dello stesso, giusta la impartita autorizzazione superiore.Verrà preceduta dalla consueta fiera che avrà cominciamento dal giorno 15 del mese medesimo per la durata Sovranamente concessa.Vi sarà la solita processione delle macchine così dette gigli costruite con la più ricercata eleganza, ed al giorno lo spettacolo in uso di due corse di cavalli in giro al Campo Militare alle ore sei pomeridiane precise, col premio di una stoffa per la prima, e di ducati sei per la seconda. Tutti gli avventori troveranno ospitale accoglienza protezione e garenzia da parte di tutte le autorità locali.

Nola 11 giugno 1861. Il Sindaco Giuseppe del Cappellano

Anno 1866
Nel 1866 Francesco De Bourcard, nella sua opera: “Usi e costumi di Napoli e contorni…”, così descrive la festa:
“…al nominare dei “sangiovannari” molti dei nostri lettori corrono per avventura col pensiero alla bella festa popolare detta de’ gigli che da costoro recansi in ispalla nel 22 giugno, in cui la Città di Nola celebra la festa del suo vescovo e protettore S. Paolino. Queste piramidi o gigli, avanzando di tempo in tempo, sono arrivati oggidì ad una tanto considerevole mole e smisurata altezza che sovrastano i tetti de’ più alti edifizi della città.
Ciascun lato di essi gigli è adorno di fiori, bende, nastri, festoni, statuette di carta pesta e simiglianti cose. La macchina è divisa in più ordini, nel primo dei quali è collocata l’orchestra… Gli altri ordini sono occupati da popolani ne’ loro abiti di festa e le donne si rivestono de’ migliori ornamenti che posseggono.
Questi gigli sono costruiti a cura delle diverse corporazioni di arti e mestieri che ricordano le antiche fratrie… Ciascun giglio è sostenuto da sedici facchini, ma il più grandioso è quello degli ortolani trasportato da trentasei di essi.
Spari di mortaretti, campane a disteso, fuochi d’artifizio, luminarie… rendono pomposa e magnifica la processione de’ gigli, i quali, accompagnati da numeroso clero, vengono portati innanzi al Vescovado dove ricevono la benedizione del Santissimo…”.

Anno 1888


Cronaca: “Per la festa di S. Paolino”.
” Sul tardi di ieri, partirono alla volta di Nola moltissime carrozze e biroccini carichi di napoletani, a festeggiare il patrono nolano…”.

Anno 1890


Cronaca: “Fiera di S. Paolino”.
“La solita fiera di animali e generi commestibili è già cominciata. La folla intanto alla fiera è enorme e sempre e come si comprende, molti sono i forestieri che ne profittano. Il sindaco avv. Tommaso Vitale, se ne interessa davvero; ed a lui deve la buona riuscita della fiera cotanto utile a Nola e dintorni”.
“Festa dei gigli”.
Nella ricorrenza della festa dei gigli, oltre alle pompe religiose, ed allo spettacolo svariato e bellissimo di fuochi pirotecnici, vi saranno le corse a fantini anche a Campo di Marte il giorno di lunedì prossimo”.
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