Aprile 20, 2024

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La tartaruga marina comune (Caretta caretta) durante la sua vita attraversa fasi ecologiche diverse: all’inizio caratterizzano la zona superficiale del mare aperto e successivamente si spostano in fondali bassi.

La tartaruga marina comune è una specie diffusa tanto nelle acque degli Oceani Atlantico, Indiano e Pacifico quanto nel bacino del Mediterraneo e del Mar Nero. In particolare, nel Mediterraneo, i siti di deposizione delle uova sono localizzati soprattutto nella parte orientale: Grecia, Turchia, Cipro, Libia, mentre nella parte occidentale le nidificazioni sono da ritenersi eccezionali.

Le tartarughe sono seriamente minacciate dall’uomo, in quanto sono sensibili a molte delle attività umane, tra cui il turismo, con conseguente antropizzazione nelle aree di riproduzione, e la pesca eccessiva. Nel Mediterraneo gli ambienti di riproduzione sono ormai limitatissimi per il disturbo umano.

La cementificazione, il degrado delle coste e dei litorali prescelti per la nidificazione e soprattutto l’impatto con i sistemi di pesca costituiscono le principali minacce per questa specie, basti pensare alle reti a strascico, gli ami dei palangari e le reti fisse, dalle quali un gran numero di tartarughe viene catturato accidentalmente, causando la morte di più di 40.000 tartarughe l’anno.

In Campania c’è il centro tartarughe più grande del Mediterraneo, in cui le tartarughe ferite vengono soccorse e accolte nel centro tartarughe di Portici della stazione zoologica dell’Anthon Dohr. Inoltre esistono altri centri come “Turtle Point” a Bagnoli (NA) e l’Area Marina Protetta di Punta Campanella (Na) di Massa Lubrense (NA).

Sono animali onnivori, si nutrono di molluschi, crostacei, gasteropodi, echinodermi, pesci e meduse, ma nei loro stomaci è stato trovato di tutto: da buste di plastica, probabilmente scambiate per meduse, a tappi, preservativi, bambole, portachiavi, bottoni, penne, posate e altri oggetti di plastica.

In estate, da giugno ad agosto, maschi e femmine si ritrovano nelle zone di riproduzione, al largo delle spiagge dove gli esemplari adulti sono probabilmente nati. Anche se sono animali marini, nascono sulla terra, in spiaggia sabbiosa dove le femmine scavano delle buche e depongono circa un centinaio di uova. Le uova rimangono incubate in un periodo che va dai ai giorni tra 42 ai 65 giorni e grazie a meccanismi, non ancora ben chiari, si schiudono quasi tutte simultaneamente. La temperatura, l’umidità del suolo e la granulometria della sabbia sono fattori determinanti per il buon fine della schiusa. La temperatura del suolo determina il sesso dei nascituri, le uova che si trovano più in superficie saranno di sesso femminile e quelle sottostanti di sesso maschile.

I piccoli per uscire dal guscio utilizzano una struttura particolare, il “dente da uovo”, che verrà poi riassorbito in un paio di settimane. Usciti dal guscio impiegano dai due ai sette giorni per scavare lo strato di sabbia che copre il nido e raggiungere la superficie e quindi, in genere, col calare della sera dirigersi verso il mare. In condizioni naturali corrono prontamente verso il mare attirate dalla luce delle stelle che si riflette nell’acqua. Purtroppo la forte antropizzazione determina una concentrazione di luci artificiali che disorienta i piccoli nativi, e va a creare una deviazione del cammino portandoli verso la strada e spesso si ha la perdita di tutta la nidiata.

Le tartarughe marine sono animali longevi, potenzialmente possono vivere oltre 80 anni, ancora non si è ben stimato il massimo della loro età in vita. Per quanto riguarda la distinzione del sesso non è facile, solo dopo che hanno raggiunto la maturità sessuale, per le Caretta attorno ai 20 anni, si può identificarlo.

Il maschio presenterà una lunga coda, mentre nella femmina la coda rimane piccola e nascosta sotto il carapace.

Martina Bosso

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